Recentemente ho letto un articolo da ilSole24Ore, riguardo l’applicazione delle tecnologie 4.0 al settore sanitario, un settore che interessa circa il 10% del Pil, allego l’articolo per maggior chiarezza:

Un utilizzo efficace del digitale e delle tecnologie 4.0 negli ospedali italiani, il centro di costo più “pesante” del nostro sistema sanitario, garantirebbe risparmi calcolabili in oltre 1 miliardo di euro per ogni punto percentuale in più di efficienza. Stime approssimative che fotografano però l’importanza dell’innovazione e delle applicazioni digitali in sanità per assicurarne la sostenibilità economica: tema al centro della 21esima edizione di Exposanità, la mostra internazionale che dal 18 al 21 aprile riunisce a Bologna l’intera filiera italiana della salute.

Le cifre
Un settore che, tra pubblico e privato, produce il 10,7% del Pil e il 10% (2,4 milioni di persone) degli occupati italiani ma che deve affrontare lo spettro di un aumento esponenziale della spesa, di riflesso all’invecchiare della popolazione: nel giro di un trentennio gli over-65 passeranno dall’attuale 22% di incidenza sulla popolazione italiana al 32,5%. E il costo sanitario medio di un ultrasessanticinquenne è 4 volte quello di un under-65, basti pensare che 8 anziani su 10 soffrono di patologie croniche.

«Non corriamo il rischio di arrivare al modello degli Usa, unico Paese al mondo in cui la spesa sanitaria privata, prevalentemente assicurativa, raggiunge il 50% del totale, ma i problemi in Italia ci sono e sono fondamentalmente due: con il progressivo e costante definanziamento il sistema sanitario nazionale continua inesorabilmente a perdere terreno. Così, se è vero che siamo in linea con la media Ocse per spesa sanitaria pro capite e percentuale del Pil destinato alla spesa sanitaria totale, facciamo da capofila ai Paesi più poveri», spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, che da oltre 15 anni si occupa di formazione e ricerca in ambito sanitario. «Il secondo problema – aggiunge Cartabellotta – è che il 90% della spesa privata è prevalentemente out-of-pocket, ovvero sborsata direttamente dai cittadini, mentre solo il 10% viene intermediata da fondi integrativi o assicurazioni. Un dato che posiziona l’Italia agli ultimi posti dei Paesi Ocse e solo in parte legata a minori tutele pubbliche, perché in larga misura alimenta il consumismo sanitario, non a caso molto più elevato nelle regioni più ricche».

L’ospedale 4.0
Molto possono fare, per contenere prospetticamente la spesa pubblica in sanità, gli investimenti in prevenzione, che genera 2,9 euro di risparmi per ogni euro investito (stime Aiom, Associazione italiana di oncologia medica). Mentre non ci sono ancora calcoli precisi sui potenziali effetti della digitalizzazione, finora materializzatasi perlopiù sul fronte dell’informatizzazione dei rapporti con il paziente, dalla Cartella clinica elettronica all’offerta dei servizi digitali ai cittadini. «Solo con l’informatizzazione – prosegue il presidente Gimbe – potremmo recuperare circa 3 miliardi di euro, facendo riferimento alla tassonomia degli sprechi da noi elaborata nella campagna #salviamoSSN, a patto però di accettare che gli investimenti in tecnologie informatiche si accompagnino a una riduzione del personale, in particolare amministrativo». Dall’altro lato lo sviluppo di una vera sanità digitale – m-health, telemedicina, online health communities, robotica sanitaria, tecnologie indossabili, ingeribili e impiantabili, stampa 3D di protesi e ausili – si scontra con un grado di analfabetismo altissimo in Italia, perché resta sistematicamente fuori dai programmi dei corsi di laurea e di specializzazione. Il sistema ospedale sarà infatti al centro di un’analisi a 360 gradi nella quattro giorni al quartiere Michelino di Exposanità, dove si potranno toccare con mano non solo le applicazioni 4.0 ma le tutte più innovative strumentazioni per sale operatorie e laboratori.

L’altra frontiera sui cui il 4.0 sta cambiando gli scenari sanitari è quello dell’assistenza ai soggetti fragili: a Bologna sarà presentato il progetto speciale Habitat, coordinato dal Centro di ricerca industriale dell’Alma Mater CIRI-Ict e finanziato dalla Regione Emilia-Romagna, per creare una piattaforma dove tutti gli oggetti di uso quotidiano (letti, poltrone, radio, orologi..) dialogano tra loro mediante l’uso dell’Internet of Things (IoT) come la radio-frequenza, wearable electronics, wireless sensor networks e l’intelligenza artificiale, al fine di garantire un continuo monitoraggio dei comportamenti quotidiani dei soggetti fragili, lasciati però nel loro contesto abituale e familiare.

 

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