Coronavirus, Italia a 1000 contagi ed il paese rallenta

Recentemente ho letto un articolo da ilSole24Ore, riguardo l’ipotesi di governo di unità nazionale, allego l’articolo per maggior chiarezza:

Matteo Renzi frena sull’ipotesi di un governo di unità nazionale per fronteggiare l’emergenza coronavirus. «Ora è il momento della massima collaborazione con tutti», sottolinea in un post pubblicato nelle prime ore della mattinata su Facebook. «Tornerà il tempo per discutere di scelte politiche», assicura l’ex presidente del Consiglio. Nelle ultime ore lo spread tra Btp e Bund ha toccato un picco di 182,7 punti base per poi ripiegare a 176 punti. I no di Pd, Cinque Stelle e Leu all’ipotesi di un esecutivo di larghe intese pesano e fanno sì che Renzi sia al momento isolato.

Le mosse di Salvini
Ma non è il solo. Anche Matteo Salvini, che con l’ex segretario del Pd condivide la necessità di un passo indietro del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, sa che i margini per un rovesciamento dell’esecutivo e la nascita di un governo di unità nazionale anti crisi, allo stato attuale, non ci sono. Il leader della Lega, che accusa l’esecutivo giallo rosso di inadeguatezza nella gestione della crisi, è stato ricevuto al Quirinale dal presidente Mattarella ma, a quanto si è appreso, non sarebbe stato affrontato il tema politico, bensì quello della necessità di far ripartire l’Italia dopo l’emergenza coronavirus. Nessun riferimento a esecutivi istituzionali dunque.

Progetto in stand by
Per il capo dello Stato in questo momento il rilancio del Paese è la priorità e bisogna evitare in maniera più assoluta che l’Italia sia isolata internazionalmente. Il progetto dell’«esecutivo «scialuppa» – per dirla con le parole dello stesso Salvini – ovvero la soluzione che consentirebbe di «accompagnare il paese fuori dal pantano e portarlo al voto», rimane allo stato attuale in stand by, anche perché le altre forze politiche del centrodestra frenano. A cominciare da Fratelli d’Italia: la presidente Giorgia Meloni ha fatto capire che dopo Conte ci sono solo le elezioni. «No a qualsiasi inciucio», è il messaggio che ha fatto pervenire al leader leghista.

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Coronavirus: vietato accesso alle zone rosse

Recentemente ho letto un articolo di Marzio Bartoloni da ilSole24Ore, riguardo le disposizioni in atto per cercare di evitare la diffusione del coronavirus, allego l’articolo per maggior chiarezza:

Il governo Conte ha varato un decreto che inasprisce l’isolamento per le prossime due settimane delle aree a rischio contagio da coronavirus e che consente di intervenire per impedire l’allontanamento dal Comune da parte di individui che si trovano nelle aree di focolaio.

In più, il decreto introduce tra le altre cose anche misure straordinarie al di fuori dalle zone in quarantena che vanno dallo stop delle gite scolastiche in Italia e all’estero fino allo stop di eventi sportivi. Una opzione, quest’ultima, che scatterà subito a esempio per le partite di calcio in programma domenica 23 febbraio in Veneto e Lombardia.

Conte: la salute prima di tutto
«Il bene della salute degli italiani è quello che ci sta ci sta più a cuore, è quello che nella gerarchia dei valori costituzionali è al primo posto. La salute è al primo posto in una ideale gerarchia di valori», ha detto il premier Giuseppe Conte aprendo la conferenza stampa dopo il consiglio dei ministri che è stata preceduta da una notizia clamorosa: «Sembra che una famiglia posta in quarantena si sia allontanata per andare in Meridione. Queste misure di contenimento dovrebbero impedire questo», ha spiegato il premier. «Il nostro obiettivo fondamentale è provare a contenere e isolare il più possibile il contagio dentro territori ristretti per evitare che i contagi vadano fuori», ha aggiunto il ministro della Salute Roberto Speranza.

Le principali misure
In particolare il decreto prevede nelle aree focolaio non sarà consentito l’ingresso e l’allontanamento, salvo specifiche deroghe da valutare di volta in volta. In quelle aree è già stata disposta la sospensione delle attività lavorative e delle manifestazioni sportive e degli altri eventi così come delle scuole e delle altre attività educative e ludiche. Chi violerà le misure di cautela previste dal decreto e dalle ordinanze del ministero della Salute rischierà conseguenze penali secondo l’articolo 650 del Codice penale. Ci saranno presidi delle forze dell’ordine per far rispettare i divieti di circolazione, di entrata ed uscita e nel caso se necessario si ricorrerà anche alle forze armate.

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Italiani tra i più stakanovisti d’Europa dalle ferie

Recentemente ho letto un articolo di Francesca Barbieri da ilSole24Ore, riguardo alcune recenti statistiche in merito alla disponibilità dei lavoratori italiani, nel lavorare dalle ferie. In questo studio l’Italia si attesta all’ottavo posto al mondo, davanti alle maggiori economie europee, allego l’articolo per maggior chiarezza:

Lavoratori sempre connessi, a casa come in vacanza. Gli italiani sono tra i più “stakanovisti” in Europa e rispondono a telefonate, email, call di lavoro anche durante il tempo libero. Dal work-life balance, la ricerca di equilibrio tra l’orario di lavoro e quello del tempo libero, si passa progressivamente a una loro sovrapposizione, il cosiddetto work-life blend. In barba al diritto alla disconnessione.

Lavoratori sempre ”reperibili”
Oggi il 71% dei lavoratori italiani – secondo l’indagine del Randstad Workmonitor condotta in 34 Paesi – risponde a telefonate, email e messaggi di lavoro anche al di fuori dell’orario. Siamo al terzo posto in Europa, +6% rispetto alla media globale, e nel Vecchio Continente solo Portogalloe Romania sono più solleciti di noi.

Al lavoro in vacanza
Il 71% degli italiani si sente libero di staccare la spina almeno durante le ferie e si tratta soprattutto di uomini (76% contro il 66% delle donne). Ma oltre uno su due – il 53%, più di 10 punti sopra la media globale – confessa di restare “connesso” per gestire attività di lavoro anche durante il periodo di ferie.

La pressione dei datori di lavoro
La decisione di restare disponibili al lavoro anche nel tempo libero non è sempre volontaria, ma spesso dettata dalla pressione del datore di lavoro. Oltre metà degli italiani dichiara infatti che le aziende si aspettano che i dipendenti siano disposti a lavorare oltre l’orario d’ufficio (59%, contro il 56% della media globale) e che siano disponibili a rispondere a messaggi di lavoro nel tempo libero (52%, contro il 45% della media degli altri paesi).

Nel primo caso, fra i Paesi europei, soltanto Spagna (60%), Romania (65%) e Portogallo (75%) si sentono più sotto pressione, mentre nel secondo solo Portogallo (56%) e Romania (57%).

Le aspettative aziendali sono più elevate sugli uomini (rispettivamente 63% e 58%, contro il 55% e il 47% delle colleghe) e sui lavoratori al di sotto dei 45 anni (il 65% è disponibile oltre l’orario e il 59% risponde nel tempo libero, contro il 52% e il 43% dei dipendenti senior).

Il work-life blend incompiuto
Se la dilatazione dei tempi di lavoro a danno della vita privata è già una realtà, d’altro canto solo il 54% degli italiani gestisce abitualmente questioni personali durante l’orario lavorativo, all’ultimo posto del ranking globale e ben 13 punti sotto la media.

Sono soprattutto le donne a portare avanti questa tendenza (56%) e gli under 45 (62%), mentre sono più restii a farlo gli uomini (52%) e i lavoratori senior (44 per cento).

«La trasformazione in corso porta con sé delle opportunità – commenta Valentina Sangiorgi, chief hr officer di Randstad Italia – , ma anche il rischio che i lavoratori si sentano stressati e sotto eccessiva pressione.

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Indagini sullo scambio del frecciarossa deragliato

Recentemente ho letto un articolo da ilSole24Ore, riguardo il deragliamento del frecciarossa della scorsa settimana, che ha provocato la morte dei due macchinisti ed il ferimento di 31 persone, allego l’articolo per maggior chiarezza:

Perché quello ‘scambio’ non si trovava nella giusta posizione e perché il sistema centrale non lo ha rilevato indicando invece il “giusto tracciato” al personale del Frecciarossa 9595 Milano-Salerno che è deragliato ieri nel
Lodigiano, causando la morte di due macchinisti, Giuseppe Cicciù e Mario Di Cuonzo, e il ferimento di 31 persone? Sono i quesiti a cui stanno cercando di rispondere gli agenti della Polfer che si avvarranno anche della ricostruzione tridimensionale del luogo dell’incidente, come già avvenuto due anni fa in occasione del deragliamento del treno a Pioltello.

Altro incarico a chi lavorò a scambio
Intanto sono stati destinati ad altro incarico i cinque dipendenti di Rfi che lavorarono allo scambio ferroviario che ha causato il deragliamento di un Frecciarossa a Ospedaletto Lodigiano la notte prima dell’incidente. Non sono dunque stati sospesi, a quanto si apprende, ma
destinati ad un incarico in ufficio. Si tratta della normale procedura in attesa dell’inchiesta interna delle Ferrovie e di quella della Procida di Lodi.

Le indagini in corso
Gli specialisti del Noif, il Nucleo operativo incidenti ferroviari della Polfer, stanno svolgendo per la Procura di Lodi le indagini che hanno al centro anche la mancata segnalazione al sistema elettronico di sicurezza dello scambio in ‘svio’. E si prospettano degli accertamenti irripetibili sui binari che comporteranno necessariamente a breve l’iscrizione nel Registro degli indagati di qualche persona per omicidio e disastro colposo.

La motrice «decollata»
I tecnici e gli investigatori infatti dovranno chiarire perché il sistema di rilevamento abbia ricevuto una segnalazione di binari ‘per dritto’ e non di ‘svio’, che avrebbe fermato il treno prima. Lo scambio – il cosiddetto ‘punto zero’ – avrebbe dovuto infatti avere gli ‘aghi’ dei binari posizionati sul
‘corretto tracciato’ e invece li aveva posizionati in svio a sinistra. A contatto con lo scambio la carrozza n.1, dove si trova la motrice, è praticamente ‘decollata’ a quasi 300 all’ora, impattando contro un carrello che si trovava su un binario di ricovero, e poi contro una palazzina di manutenzione.

Lo sciopero dei sindacati
Dalla cabina di pilotaggio, sventrata, i corpi dei due macchinisti sono stati proiettati fuori a grande distanza. Servirà per ricostruire il tutto anche l’hard disk delle telecamere, acquisite oggi, nel perimetro della stazione tra Livraga e Ospedaletto Lodigiano dove l’alta velocità corre parallela all’autostrada del Sole. I sindacati, che oggi hanno indetto due ore di sciopero, rifiutano l’ipotesi di un errore umano commesso dalla squadra di cinque operai che erano intervenuti sullo scambio poco prima come unica causa dell’incidente.

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Coronavirus, Italia adotta misure più restrittive

Recentemente ho letto un articolo di Andrea Gagliardi da ilSole24Ore, riguardo le misure adottate dal nostro paese in merito all’epidemia di Coronavirus, allego l’articolo per maggior chiarezza:

Dichiarazione dello stato di emergenza per sei mesi a partire dal 31 gennaio 2020, con nomina del capo della Protezione civile dal 2017, Angelo Borrelli, come Commissario per la gestione dell’emergenza. Stop ai voli da e per la Cina. Controlli stringenti agli aeroporti prima di far scattare il divieto dei voli. Sono queste le ragioni che hanno spinto il presidente del consiglio Giuseppe Conte a dire che l’Italia, per fronteggiare l’emergenzaa coronavirus «ha adottato una linea di prevenzione e di precauzione con la soglia più elevata in Europa»

Conte: situazione sotto controllo
Il 31 gennaio, prima che iniziasse il Cdm, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha informato il Capo dello Stato Sergio Mattarella. «La situazione è sotto controllo – ha dichiarato Conte nel corso della riunione del Comitato operativo della Protezione Civile – le nostre misure sono le più elevate d’Europa e gli italiani potranno condurre una vita assolutamente normale».

Con la Sars no stato di emergenza
Nel 2003, in seguito all’epidemia di Sars, il governo Berlusconi non dichiarò lo stato di emergenza ma scelse di nominare l’allora capo della Protezione civile Guido Bertolaso Commissario straordinario per l’emergenza. All’epoca si decise per una deroga del Trattato di Schengen sulla libera circolazioni dei cittadini per attivare controlli sui passeggeri
provenienti da aree a rischio.

Speranza: Italia al più alto livello di cautela sul piano internazionale
«Alla luce della dichiarazione di emergenza internazionale dell’Oms abbiamo attivato gli strumenti normativi precauzionali previsti nel nostro Paese in questi casi, come già avvenuto nel 2003 in occasione dell’infezione Sars.

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Emilia Romagna e Calabria al voto

Recentemente ho letto un articolo di Celestina Dominelli da ilSole24Ore, riguardo le elezioni regionali in due regioni ritenute chiave in questo momento politico: l’Emilia Romagna e la Calabria. Queste elezioni regionali saranno la cartina al tornasole dell’attuale governo, poichè, secondo i sondaggi, lo schieramento di centrodestra potrebbe avvicinarsi molto ad insediare la “sicurezza” del centrosinistra in Emilia Romagna, allego l’articolo per maggior chiarezza:

Due regioni al voto, Emilia-Romagna e Calabria, 5,5 milioni di italiani chiamati alle urne per designare i presidenti di Giunta e i componenti delle assemblee legislative. Ma nelle urne, aperte dalle 7 di domenica 26 gennaio fino alle 23, c’è molto di più che la scelta del nuovo governatore. Il destino della legislatura, infatti, nonostante le rassicurazioni della maggioranza (dal premier Giuseppe Conte al leader del Pd Nicola Zingaretti fino ai Cinquestelle), sembrerebbe appeso all’esito del voto locale, soprattutto nella «rossa» Emilia dove a sfidarsi ci sono il presidente uscente Stefano Bonaccini, sostenuto dal centrosinistra, e Lucia Borgonzoni, candidata della Lega.

Vigilia infuocata: Salvini viola il silenzio elettorale
Il centrodestra spera di strappare la roccaforte del Pd e ha continuato a ripetere in queste settimane che una eventuale sconfitta di Bonaccini dovrebbe portare alle dimissioni del governo Conte 2. Un messaggio che il numero uno della Lega, Matteo Salvini , ha ripetuto anche sabato 25 gennaio con nuovi tweet e rilanciandone di vecchi, rompendo così lo stop alla propaganda elettorale nelle 48 ore precedenti la chiusura dei seggi. «Prima li mandiamo a casa, poi andiamo a dare lo sfratto al governo tasse, sbarchi e manette», ha scritto sui social l’ex ministro dell’Interno.

Il destino del governo appeso all’esito delle urne
Una violazione che ha provocato subito la reazione del centrosinistra e infiammato la vigilia elettorale. Salvini sa che la vittoria in Emilia rappresenterebbe un pesante affondo contro l’esecutivo anche se tutti dall’altra parte continuano, almeno a parole, a rassicurare rispetto a una eventuale débâcle. Vero è che il leader della Lega ha puntato tutto su questo voto girando in lungo e largo la Regione e oscurando di fatto la sua candidata. Il Pd, dal canto suo, è consapevole che l’Emilia rappresenta l’ultimo baluardo e che, se la Lega dovesse sfondare, lo scossone al già precario equilibrio dell’esecutivo sarebbe inevitabile.

In Calabria l’incognita dell’astensionismo
In Calabria, invece, la contesa è tra Pippo Callipo per il centrosinistra, l’azzurra Jole Santelli per il centrodestra e Francesco Aiello per il M5S, in un voto che, come nelle passate tornate elettorali, è fortemente condizionato dall’astensionismo e dalla partecipazione giovanile.Nel 2014, quando le consultazioni si tennero a novembre a causa dello scioglimento anticipato della legislatura, l’affluenza fece registrare un 44,10% di astensione tra gli aventi diritto.

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Domande triplicate per il bonus nido

Recentemente ho letto un articolo di Davide Colombo da ilSole24Ore, riguardo le previsioni delle richieste per il bonus nido nel 2020, che si è attestato a 198 milioni nel 2019, allego l’articolo per maggior chiarezza:

L’anno scorso Inps ha pagato 405.259 bonus “mamma domani”, il premio una tantum da 800 euro riconosciuto per i nuovi nati o l’adozione di un minore a prescindere dal reddito della famiglia, con una spesa di 324 milioni. Mentre per i bonus nido dedicati ai nuclei con bimbi che frequentano gli asili risultavano accolte a fine 2019 poco più di 201mila domande (sulle oltre 346mila presentate) per una spesa finora erogata di 198 milioni sui circa 300 impegnati.

L’allargamento dei beneficiari
Questo sostegno per le famiglie, nato nel 2016 con un contributo da mille euro poi elevato a 1.500 massimi nel 2018, ha più che triplicato la platea dei beneficiari in tre anni, passando dalle 109mila domande presentate nel 2017 alle oltre 346mila dell’anno appena chiuso. Un anno in cui sono stati riconosciuti anche 237.669 assegni mensili per la natalità (detti anche “bonus bebè”).

In arrivo il «Family Act» e 300 milioni di euro in più
Riparte da questi numeri, appena raccolti dalla nuovissima Direzione centrale Inps per l’Inclusione sociale e l’invalidità, il cantiere per avviare i pagamenti dei nuovi aiuti previsti quest’anno, con il restyling delle misure varato dalla legge di Bilancio 2020 e una dote aggiuntiva di 300 milioni. Risorse da gestire in attesa del promesso riordino di tutti i bonus per dare vita all’assegno unico universale a partire dal 2021. Un dossier nelle mani di Elena Bonetti, titolare della Famiglia, che ha annunciato il “Family act”, collegato alla manovra, ora in gestazione. L’anno scorso stando alle stime finora disponibili (per il dato Istat ufficiale bisogna aspettare giugno) sarebbero nati meno di 430mila bimbi, un numero ancora inferiore ai 439.747 del 2018 (18mila in meno rispetto al 2017), anno che aveva segnato il minimo storico dall’Unità d’Italia.

Una App per il bonus
La dote in più di 300 milioni dovrebbe essere spesa con maggiore fluidità una volta adottati i provvedimenti amministrativi necessari, che passano per due circolari Inps attese per i pagamenti di marzo, mese in cui verranno anche riconosciuti i conguagli di gennaio e febbraio. Vale ricordare che da settembre Inps ha attivato una App dedicata al bonus natalità, che richiede una rendicontazione mensile delle spese sostenute, e l’utilizzo dell’applicazione sta dando i primi segnali di miglioramento nel flusso delle erogazioni.

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Autostrade: probabile revoca della concessione

Recentemente ho letto un articolo di Giorgio Santilli da ilSole24Ore, riguardo la ricerca di un accordo tra il governo e società Autostrade, allego l’articolo per maggior chiarezza:

Il dossier della revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia entra nel vivo e cresce la tensione fra gli alleati di governo. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e la ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli stanno cercando una soluzione che eviti la revoca, ma fanno sapere chiaramente e senza mezzi termini che sono pronti alla revoca se non ci saranno da parte di Aspi forti aperture nel senso di una revisione della convenzione, della riduzione delle tariffe e del rafforzamento degli investimenti in manutenzione.

Ieri i due si sono parlati, prima del Consiglio dei ministri, ma hanno dovuto prendere atto – dopo l’intervista della ministra a Repubblica e le nuove bordate dei Cinque stelle – che il governo continua a essere diviso.

Le posizioni dei partiti
Alla stessa conclusione è giunto più tardi uno scambio di idee fra il premier e i capidelegazione dei quattro partiti che compongono la maggioranza (c’erano Di Maio per M5S, Franceschini per il Pd, Speranza per Leu e Scalfarotto per IV). Mentre Cinque stelle non ammette altra soluzione che non sia la revoca, Italia Viva ha ribadito anche in serata che «siamo pronti alle barricate contro la revoca della concessione ad Autostrade: l’Italia non può segare il ramo su cui è seduta, con un atto del genere perderemmo ogni credibilità verso gli investitori internazionali».

Richiesta di revoca
Leu si sposta intanto verso la richiesta di revoca mentre il Pd oggi sembra meno ottimista sulla possibilità di trovare una intesa. In assenza di un forte rilancio in tempi brevi di Aspi, che aveva proposto un indennizzo di 700 milioni unanimente considerato insufficiente all’interno del governo, l’ipotesi della revoca sarà destinata a crescere ancora molto nei prossimi giorni.

Le tempistiche
Anche sui tempi della decisione, che sembravano destinati a una accelerazione, ieri è tornato tutto in alto mare, anche se un primo segnale è probabile che il governo lo dia già la prossima settimana.

Era stato il sottosegretario alle Infrastrutture dei Cinque stelle, Giancarlo Cancelleri, a ribadire in mattinata che «la revoca delle concessioni ad Autostrade resta l’unica soluzione». In realtà Cancelleri se la prendeva con una ipotesi di maximulta smentita seccamente anche dalla De Micheli.

L’ipotesi multa
«Una maxi multa – aveva detto Cancelleri – non rende giustizia alle 43 vittime del crollo del ponte Morandi. Una maxi multa è un compromesso inaccettabile dopo gli infiniti crolli e disagi dovuti all’incuria delle opere autostradali concesse ad Autostrade.

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Boris Johnson e la Brexit

Recentemente ho letto un articolo di Nicol degli Innocenti, Angela Manganaro e Alberto Magnani da ilSole24Ore, riguardo la vittoria del Premier Inglese Boris Johnson, che durante la campagna elettorale aveva annunciato la Brexit come sicura per il 31 gennaio prossimo, allego l’articolo per maggior chiarezza:

Il premier britannico Boris Johnson è arrivato a Buckingham Palace per incontrare la regina Elisabetta che gli affiderà l’incarico: il vincitore del voto del 12 dicembre 2019 dirà probabilmente alla sovrana quello che ha detto ai sostenitori a vittoria accertata: «adesso faremo la Brexit in tempo entro il 31 gennaio, senza se, senza ma e senza forse».

Il partito conservatore britannico ha trionfato alle elezioni nel Regno Unito assicurandosi la maggioranza nella Camera dei Comuni, la camera bassa del parlamento britannico. Alle ultime elezioni dell’8 giugno 2017, i Tory non avevano ottenuto la maggioranza assoluta ed erano stati costretti a un governo di minoranza con i nordirlandesi del Dup, alleanza che ha ritardato l’uscita del Regno Unito dalla Ue.

Questa volta il partito guidato dal primo ministro Boris Johnson ha ottenuti 364 su 650, ben oltre la soglia dei 326 necessari per governare senza altri partiti alleati.

Il Labour si è fermato invece a 203: ha perso in zone del paese come Midlands e Galles ma soprattutto nell Nord, roccaforte adesso non più rossa, tutti posti comunque che avevano scelto la Brexit nel 2016 e che ogni marcano la sconfitta laburista più pesante dal 1935.

Rispetto al parlamento passato, i conservatori hanno guadagnato 47 seggi, i laburisti ne hanno persi 59.

Un dato su cui dover riflettere dopo è che l’affluenza è stata di circa il 62% degli elettori.

Un dato immediato è invece quello della euro che passa di mano a 0,8304 sterline, contro 0,8475 della chiusura di ieri sera.

Un dato preoccupante per la coesione nazionale è quello della Scozia dove si rafforzano i nazionalisti proUe e l’opposizione a Johnson: l’Snp di Nicola Sturgeon ha vinto 48 dei 59 seggi ma soprattutto chiede un secondo referendum sull’indipendenza che potrebbe mettere a rischio il Regno così come lo abbiamo conosciuto.

Gioisce Donald Trump che si congratula con Boris Johnson per la sua «grandissima vittoria!». A poche ore di distanza da un primo tweet sulle elezioni nel Regno Unito Trump ha scritto: «Adesso Gran Bretagna e Stati Uniti sono liberi di mettere a punto un grande nuovo accordo commerciale dopo la Brexit. Questo accordo ha il potenziale per essere il più redditizio di qualsiasi accordo mai siglato con l’Ue».

Brexit più vicina
In questo modo Boris Johnson e la sua maggioranza si proietterebbero a una finalizzazione agevole della Brexit entro il 31 gennaio 2020. Secondo la ricostruzione del quotidiano Guardian, il premier potrebbe tentare il voto alla Camera dei Comuni anche prima di Natale. Gli investitori sembrano apprezzare il risultato delle urne con la sterlina ai massimi da 19 mesi e balzi fino al 2,7% rispetto al proprio valore sul dollaro.

“Get Brexit done” e “unificare il Paese”: sono gli impegni ribaditi da Boris Johnson nel discorso di proclamazione a deputato rieletto nel collegio di Uxbridge, sia pure con un margine limitato a 7000 voti. Il premier Tory ringrazia “il popolo” britannico per aver votato a dicembre e per il risultato. Rilancia quindi le sue promesse elettorali su investimenti nella sanità e in altri settori. L’obiettivo è realizzare la Brexit ma non solo e «cambiare il Paese per il meglio». «Il lavoro – conclude – comincia oggi.>>

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Prelievo del 20% sulle vincite

Recentemente ho letto un articolo di Marco Mobili e Marco Rogari da ilSole24Ore, riguardo la proposta di prelievo statale sulle vincite a gratta e vinci, superenalotto e slot, allego l’articolo per maggior chiarezza:

Per pagare il saldo dell’accordo sulla manovra di bilancio il Governo passa in corsa al bancomat del gioco pubblico e con una stangata sulle vincite e una nuova stretta sulla tassazione delle slot «ritira» oltre 300 milioni di euro, in termini di maggior gettito atteso. Ai circa 800 milioni complessivi già indicati tra aumento del prelievo erariale unico previsto dal Dl fiscale appena approvato in prima lettura dalla Camera, e l’aumento della tassa sulla fortuna inserito nel Ddl di bilancio, il settore del gaming sarà chiamato a contribuire alle coperture finali con maggiori entrate per oltre un miliardo di euro.

La stangata sulle vincite in due tempi
Con un emendamento messo a punto dal Governo e che sarà depositato al Senato si punta a rivedere la tassazione sul mondo del gioco. A pagare non saranno però soltanto gestori e concessionari. La stretta colpirà anche i giocatori che, da una parte, si vedranno ridurre al 65% la quota di pay out, ossia la parte di restituzione in vincita delle somme giocate con le slot. Dall’altra vedranno contrarsi le vincite in due tempi. La tassa sulla fortuna arriverà a toccare un quinto delle vincite dei giocatori. Per quelle delle Vlt lo Stato tratterrà il 20% sugli importi superiori ai 200 euro, mentre per i fortunati di Gratta&Vinci, Superenalotto, win for life, win for life gold e SiVince tutto, lotterie nazionali, Enalotto, Superstar, il prelievo del 20% si applicherà alla quota di vincita superiore ai 500 euro.

Dal 2021 prelievo sopra i 25 euro
Ma non finisce qui. Dal 1° gennaio 2021 il “banco” potrebbe mettere le mani anche sulle vincite più basse riducendo il prelievo al 15% sulle somme incassate superiori ai 25 euro grazie a Vinci per la vita-Win for life, Vinci per la vita – Win for Life Gold e a «SiVinceTutto SuperEnalotto», lotterie nazionali ad estrazione istantanea. Resterebbe fuori soltanto il Superenalotto

Le slot nel mirino del Fisco
Il Preu sulle slot (Awp), rispetto a quanto già fissato dal Dl fiscale e a possibili ritocchi dell’ultimo istante da parte della Ragioneria e dei tecnici del Mef, aumenta ancora passando dal 23% al 23,90% sino al 31 dicembre 2020 e al 24% a partire dal 1° gennaio 2021.

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